La solitudine dell’ape

Spettacolo di narrazione e canzoni con Andrea Pierdicca e Yo Yo Mundi
regia Antonio Tancredi

Da un’idea di Paolo Enrico Archetti Maestri
scritto da Alessandro Hellmann, Andrea Pierdicca e Antonio Tancredi
con Andrea Pierdicca e Yo Yo Mundi (Paolo E. Archetti Maestri: chitarra, voce. Fabio Martino: fisarmonica, glockenspiel, melodica. Andrea Cavalieri: basso elettrico, contrabbasso, clarinetto e voce. Eugenio Merico: batteria e percussioni)

regia di Antonio Tancredi
organizzazione e direzione tecnica Federico Canibus
aiuto logistico Marta Caldon
immagini, video e illustrazioni di Ivano A. Antonazzo
produzione esecutiva Unaapi   –  www.mieliditalia.it
produzione artistica Associazioni Culturali Arnia e Gioco del Mondo

La Solitudine dell’Ape: Cosa c’entrano la vita del chimico Justus Von Liebig, il modo di coltivare la terra e di alimentarsi con l’attuale diminuzione delle api negli alveari?  Che rane, pipistrelli, lucciole, uccelli, insetti impollinatori stiano scomparendo nelle campagne è un dato di fatto. Ma perché sta accadendo?
La solitudine dell’ape è un racconto-canzone che cerca di mettere insieme i tasselli di questa storia. Una storia che ci riguarda, perché ciò che uccide la vita intorno a noi mette in pericolo la nostra stessa esistenza.
Ne sanno qualcosa gli apicoltori, che sono entrati nelle aule dei tribunali per farsi mettere nero su bianco che sono i nuovi pesticidi usati in agricoltura a uccidere le api.
E Liebig? Questo nuovo modo di coltivare ha avuto un illustre padre, Justus Von Liebig. Fu lui a introdurre in agricoltura l’uso dei fertilizzanti chimici per aiutare lo sviluppo delle piante. Per questa sua intuizione fu considerato dai contemporanei la personalità più influente del XIX secolo. Quell’uomo, famoso e acclamato da tutti, alla fine dei suoi giorni tornò a stupire i suoi contemporanei, questa volta mettendoli in guardia da quei tecnici che non avrebbero tenuto conto della natura e di ciò che serve per riprodurre e conservare la vita. Ma le sue ultime parole furono considerate il delirio di un vecchio.
La solitudine dell’ape nasce da un’intuizione di Paolo Archetti Maestri degli Yo Yo Mundi, che dopo aver scritto (con Alessio Lega) e musicato con il gruppo la canzone omonima, decide di coinvolgere in un progetto più ampio lo scrittore Alessandro Hellmann, l’attore Andrea Pierdicca e Federico Canibus, i quali, sempre con le musiche degli Yo Yo Mundi, avevano realizzato e portato in scena una intensa narrazione civile: “Il fiume rubato”.
Al progetto, sostenuto e promosso da Unaapi e dal suo presidente Francesco Panella, si sono uniti il regista Antonio Tancredi e il grafico e illustratore Ivano Antonazzo. In scena Andrea Pierdicca e gli Yo Yo Mundi realizzano una narrazione che intreccia musiche e parole, ragionamenti e canzoni, come fosse un unico testo, con la musica ad aiutare gli slanci lirici ma anche a fare da contrappunto ai momenti ironici. Una narrazione da vedere e da ascoltare, in quella forma che accomuna chi racconta con parole e con musica. Una narrazione per non lasciare sola l’ape e gli apicoltori nella lotta contro quel nemico moderno, intelligente, ma molto letale, che abbiamo contribuito, direttamente o indirettamente, a creare. Una narrazione per scoprire un piccolo mondo che vive accanto a noi e che regala a chi lo sa osservare preziosi consigli, per il presente e per l’avvenire.

Sinossi: Un uomo qualunque s’interroga sul problema della scomparsa delle api inanellando un grottesco rosario di luoghi comuni, fino a liquidare la faccenda concludendo che per comprendere le questioni complesse ci vuole tempo. Il tempo di partire da lontano ed entrare in una storia, quella del barone Justus Von Liebig. La sua vita – dai primi catastrofici esperimenti con la polvere da sparo nel retrobottega del padre fino alla rocambolesca invenzione dei concimi chimici che rivoluzioneranno la storia dell’agricoltura sradicando l’uomo dalla terra – è una disarmante rappresentazione del nostro tempo, nonché la scintilla d’innesco della pratica delle monocolture, sistema di gestione delle coltivazioni con un metodo industriale che impone un uso massiccio di pesticidi per contrastare i parassiti delle piante. Pesticidi sempre più potenti e invasivi, come i neonicotinoidi, che distruggono il sistema nervoso degli insetti e persistono nei terreni senza degradarsi. Un metodo incurante dei cicli della natura e di quell’avvenire che, tradito dagli uomini, rappresenta invece il fine ultimo nella straordinaria organizzazione dell’alveare, che prende vita davanti agli occhi degli spettatori attraverso la luminosa e struggente poesia di Maurice Maeterlink.  Ritroveremo infine Von Liebig, ormai anziano, nelle parole del suo testamento, una sorprendente e lucida presa di coscienza del proprio errore e della propria incapacità di cogliere la grandiosa essenza delle leggi naturali, fino a volgere fiduciosamente il nostro sguardo verso le pratiche che questa consapevolezza ci lascia in eredità per rifondare l’avvenire dell’uomo, sopra la terra.

La moria delle api: non è un “problema” solo degli apicoltori e dei consumatori di miele. La loro scomparsa ci avvisa che la vita su questo pianeta è in pericolo. Vita che dipende soprattutto da quel “proletariato invisibile” fatto da piante, insetti, vermi, funghi, muffe, microrganismi e api. Sapere cosa le uccide non basta. Sarebbe come aver trovato l’arma del delitto senza preoccuparsi dell’autore e del movente. E’ ormai accertato che la causa principale della morte delle api sono i neonicotinoidi, nuove molecole sistemiche usate in agricoltura. L’uso di questi pesticidi rimanda ad un modo di coltivare che è cambiato soprattutto negli ultimi trent’anni e che si lega alle nostre scelte alimentari. Ecco perché la morte delle api ci riguarda. E’ l’uomo che sceglie come coltivare e di cosa nutrirsi. Le sue scelte hanno la capacità di determinare il futuro delle generazioni a venire e della vita di questo pianeta.

 

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